La Cultura dovrebbe, oggi, prendere atto del suo ruolo d’intrattenitrice. L’influenza che esercita la Cultura oggi, è certo fortissima, però influisce su una non-influenza.

Per spiegarmi meglio: che cosa intendiamo quando parliamo di Cultura? Parliamo di un insieme di conoscenze, norme etiche, punti di riferimento relativi a personaggi e opere, gusti che si sono affermati nel corso della Storia come rappresentativi di un modello di vita superiore. Nel secolo scorso si è affermato, a livello culturale, il fermo percorso che vuole difendere i diritti delle minoranze, che non accetta il fascismo, che afferma la negazione. Poi ci siamo trovati davanti a una proposta culturale che immediatamente è diventata variegata, sono aumentati i canali di diffusione, ci siamo trovati immersi nella Cultura. Chiunque oggi può farsi un’idea (seppure vaghissima) di che cosa sia la Cultura. In questo permane quel lato più forte della Cultura che è l’invisibilità che la connota nel presente. Vediamo infatti il passato, in maniera molto chiara, ma il presente non possiamo vederlo, in quanto lo facciamo noi stessi. Guardando al nostro, di passato, proviamo spesso rimorso o ammirazione. Ma il nostro presente non riusciamo a vederlo con un tale distacco. Strano perché sembra che spesso non aiuti più di tanto nemmeno più il passato. Perché esso viene costantemente applicato emotivamente, a livello meramente iconografico.

In realtà quel che ci accade, non lo vediamo, eppure sta lì la Cultura “dominante”. Una Cultura che, ammessa la contraddizione, decide di non andare più in alcuna direzione. Prende atto di sé stessa come intrattenimento per addolcire il senso estetico ed etico dei suoi fruitori. Ma le culture definite (implicitamente) inferiori, come quelle di chi non ha mai letto un libro ma ha ricevuto un’educazione precisa, o quella di chi ha religioni diverse, o quella di chi si è fatto un’idea sbagliata, le loro culture ancora oggi vengono discriminate. Ora, alcune di queste culture, come quelle provenienti da paesi diversi, vengono incluse all’interno di un discorso culturale che è comunque quello dominante, quindi neutralizzante. Altre vengono invece direttamente eliminate. La Cultura determina un’etica condivisa, dunque a un livello politico ed economico esercita la sua influenza. Infatti vediamo oggi le persone vivere problemi che hanno a che vedere con la propria sopravvivenza, alla quale però non viene data soluzione di alternativa rispetto alla scelta fra “sgobbare” o “morire”. In quanto di chi quelle persone sono, non ne sappiamo nulla. Chi nella storia “si è raccontato” è sempre stato chi aveva la possibilità di farlo, chi è stato raccontato è sempre stato altro, quindi incluso nei pregiudizi benevoli o malevoli dell’uomo di cultura.

Abbiamo oggi due tipi di fruitori che potremmo prendere in considerazione come rappresentanti del presente: quelli che vanno ai concerti di Vasco, e quelli che vanno a teatro a sentire l’Opera di Verdi.

Da un lato il presente che dice “noi questo conosciamo, e qui è racchiusa tutta la vita” e Vasco ne è un emblema. Un uomo che da sempre ha parlato la sua lingua, che è quella del popolo, per dire cose che direbbe chiunque. Vasco oggi è parte della Cultura perché in lui si mostra l’affresco dell’ovvio, ed è un gran pregio perché Vasco è stato un grande dicitore dell’ovvio (cosa che pochi sono capaci di fare). Poi c’è Verdi, che vanno a vedere le signore in pelliccia, così come qualche sincero melomane confuso tra i vari parvenu tra i quali c’è una buona percentuale di seguaci di Vasco. E lì vediamo il passato che diventa sempre più incomprensibile. Nabucodonosor, Attila, Giovanna d’Arco… quegli accadimenti che sono stati fortemente determinanti per la Storia e che oggi vediamo come parte di un grande racconto. Un intrattenimento, per l’appunto. Che è poi quel che è diventato il presente. Fatto di necrologi, minacce di catastrofi geopolitiche, opinioni, e poi fuori il vuoto più assoluto. L’ovvio che come sempre continua a vivere, persistere nella vita vera, quella statisticamente più vissuta. Una vita di cui mai si è fatta una Cultura. Una vita che mai è riuscita a prendere coscienza di sé e affermarsi senza il bisogno di appoggiarsi al suo modello superiore, stagnante dentro le normative ministeriali.

Di questo oggi sentiamo il bisogno. Del miracolo di una sincera presa di coscienza da parte di quelle culture “inferiori”. Ma questo miracolo teniamo in mente che nasce purtuttavia dalle aspirazioni viziate della Cultura Alta cui appoggiamo il nostro sguardo. Perché se guardiamo al mondo in cui viviamo, non possiamo non sapere nulla di Roma, nulla di Dante, nulla delle dittature del secolo scorso, etc. Ma forse c’è qualcosa che la Cultura con la C maiuscola non sa e che il popolo sta iniziando a insegnare. Seppure con la goffezza dell’ignorante.

Io reputo, oggi, uomo di Cultura, chi arrivato al presunto  grado medio-alto di Cultura, chi superato lo scoglio del populismo, decide di scendere nella vita rozza e ignorante e inizia a tenere nota di tutto quanto trova di simile in sé, con chi frequenta. Se fare Cultura significa pulirsi dell’ovvietà, bisogna allora trasformare questo fare in una pratica quasi monastica. E non si parla di disprezzo. Si parla di conoscersi. Il resto diventa solo intrattenimento fatto per persone snob che hanno bisogno di distaccarsi dalla propria rozzezza, ignoranza e stupidità, per tenersi buona la comodità di lasciarle agire nella maschera dei loro lati oscuri.

 

Luca Atzori