tommaso

Tommaso d’Aquino è l’unico filosofo che sia riuscito a spiegare Dio. Neanche gli atei hanno spiegato bene l’esistenza e l’inesistenza di Dio come l’ha fatto Tommaso d’Aquino.

Quel che accade nella mente dell’uomo segue un corso che comprende un inizio e una fine. Quando si pensa a Dio non si può, infatti, in una tal ottica, che cadere nel tranello di umanizzarlo, e dunque poterselo immaginare come quanto di più grande possiamo conoscere. C’è da dire però che nell’arroganza del credente si considera spesso, non proprio in maniera conscia, l’uomo come ciò che vi è di più grande. La meraviglia cui si assiste, infatti, è una meraviglia umana.

Eppure trovo che il ragionamento che faceva Tommaso d’Aquino intorno alla relazione che è creata, e che dunque è determinata in un oltre che non considera il tempo, fosse davvero vertiginoso. “Oltre” come ipotesi di relazione che segna la mancanza di relazione, la quale non è dunque più appartenuta e che perciò rende testimonianza di quanto è reale. Echeggiamenti di Lacan.

Tommaso d’Aquino ha esplicato poi le cinque prove dell’esistenza di Dio che erano quella del moto, quella causale, quella del rapporto tra possibile e necessario, quella dei gradi di perf… Quelle andatevele a studiare.

Resta il fatto che anche quando l’aquinate parla del sommo grado di perfezione come quanto non riceve, io prendo nettamente le distanze e considero il moderno Spinoza nella sua concezione di un Dio immanente.

Questo però non importa perché su Dio chiunque può riuscire a sparare cazzate più belle o brutte. Questo non significa che Dio non abbia un valore. Come ce l’ha un’Opera d’Arte. Il giorno infatti in cui si vorrà farla finita con Dio, bisognerà allora bruciare tutto, perché nulla potrebbe avere valore.

Se la definitiva scomparsa di Dio fosse indice di una svalorizzazione che faccia insorgere qualcosa di differente rispetto al valore capace di quantificare il grado di sopravvivibilità della vita, allora arriveremmo all’escathon. In caso contrario avremmo solo un errore dei più tremendi, perché privo di un’alterità spettatrice.

Luca Atzori